La parabola dei talenti nell’Angelus di Papa Benedetto XVI

ROMA – Sul significato della parabola del talenti si è soffermato il Papa all’Angelus, ricordando che non si tratta solo di trafficare le qualità naturali, le doti personali di ciascuno. Gesù, ha detto Benedetto XVI, intende il talento in modo più ampio, comprendendo quelle “ricchezze” da lui lasciate “in eredità: il Vangelo, il Battesimo, la preghiera del “Padre nostro”, l’Eucaristia, il perdono. In una parola, ha aggiunto il Papa, il “tesoro” affidato da Gesù ai suoi amici” è lui stesso, il Regno di Dio realizzato: chi seppellisce i sacramenti ricevuti sotto la coltre dei pregiudizi, sotto la falsa immagine di Dio, tradisce le attese del Signore. I discepoli, invece, ha spiegato Benendetto XVI, non non hanno occultato i talenti dietro il velo della paura o della gelosia ma hanno fatto fruttificare questo dono “condividendolo”, proprio perché il tesoro lasciato da Gesù “è fatto per essere speso, investito, condiviso con tutti”. Benedetto XVI, che ha salutato la folla raccolta sotto la sua finestra in sei lingue, ha voluto ricordare in particolare due avvenimenti. La Giornata pro Orantibus, del 21 novembre prossimo, dedicata alle comunità di clausura, per le quali il Pontefice ha implorato nuove vocazioni e un impegno a “sostenere i monasteri nelle necessità materiali”. Quindi, l’inizio dell’Avvento dell’arcidiocesi di Milano, nella quale è entrato in uso il Nuovo lezionario Ambrosiano, che il cardinale arcivescovo della città, Dionigi Tettamanzi, aveva presentato nei giorni scorsi a Benedetto XVI. In coincidenza, poi, con la Giornata della sicurezza stradale, il Papa ha levato in lingua inglese una preghiera per le vittime degli incidenti stradali e le loro famiglie.