Appello del Papa per i minatori intrappolati in Cile

CASTEL GANDOLFO – Una preghiera che rafforzi la fiducia nel buon esito delle operazioni di soccorso. Benedetto XVI l’ha levata, dopo la preghiera dell’Angelus a Castel Gandolfo, dedicandola ai minatori cileni da giorni al centro di un complesso intervento per riportarli alla luce dopo il crollo che li ha intrappolati a decine di metri di profondità nella regione di Atacama. Il Papa ha pure esortato alla tutela dell’ambiente per la salvaguardia della pace nel mondo, invitando tutti a riscoprire il valore dell’umiltà del quale Cristo, ha detto, è l’assoluto “modello”. Consegnare alle nuove generazioni un ambiente integro vuol dire consegnare ai giovani una terra in pace. Quella stessa terra che talvolta reagisce duramente agli interventi umani, causando lutti o talvolta drammi non meno angosciosi. Come è il caso dei 33 minatori intrappolati nelle viscere della miniera cilena della regione di Atacama, la cui vicenda e quella dei loro familiari in attesa è da giorni al centro dell’attenzione internazionale per la delicatezza dei lavori che saranno necessari per trarli in salvo. A loro e ai loro cari, Benedetto XVI ha voluto far arrivare da Roma questo pensiero di solidarietà. Le preghiere per i minatori cileni sono state levate dal Papa dopo la preghiera dell’Angelus insieme con un pensiero per l’imminente celebrazione della Giornata per la salvaguardia del Creato, promossa dai vescovi italiani per il prossimo primo settembre. “E’ un appuntamento ormai abituale, importante anche sul piano ecumenico. Quest’anno ci ricorda che non ci può essere pace senza rispetto dell’ambiente. Abbiamo infatti il dovere di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente conservarla. Il Signore ci aiuti in questo compito!”. Nella riflessione spirituale prima dell’Angelus, Benedetto XVI si era soffermato su una delle notizie umanamente più rivoluzionarie portate dalla Buona Notizia del Vangelo, quella che nel Regno di Dio considera più grande chi è più piccolo. E tra le tante immagini indelebili con le quali Cristo ha spiegato questo concetto c’è la parabola presente nelle letture liturgiche della domenica. Nel proporre la scena del banchetto nuziale e con essa l’invito a scegliere l’ultimo posto a tavola piuttosto che il primo – col rischio di vedersi in quest’ultimo caso pubblicamente umiliati – “il Signore non intende – ha osservato il Papa – dare una lezione sul galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità”.”Egli insiste piuttosto su un punto decisivo, che è quello dell’umiltà: ‘chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato’. Questa parabola, in un significato più profondo, fa anche pensare alla posizione dell’uomo in rapporto a Dio. L”ultimo posto’ può infatti rappresentare la condizione dell’umanità degradata dal peccato, condizione dalla quale solo l’incarnazione del Figlio Unigenito può risollevarla”. Il Papa ha concluso la riflessione con due esempi. Il primo, quello di San Luigi IX, re di Francia, ricordato in settimana dalla liturgia, che invitò nel suo “Testamento spirituale al figlio” a ringraziare umilmente il Signore per la prosperità e a “non diventare peggiore per vanagloria”. Il secondo esempio – suggerito dalla liturgia odierna che ne ricorda il martirio – è quello di San Giovanni Battista: il “più grande tra i profeti di Cristo, che ha saputo – ha affermato Benedetto XVI – rinnegare se stesso per fare spazio al Salvatore, e ha sofferto ed è morto per la verità”.