La corrispondenza di Padre Mauro Armanino dal Niger

padre mauro armaninoNIGER – Riceviamo e pubblichiamo la corrispondenza di Padre Mauro Armanino dal Niger. Caro mare ti scrivo. Una lettera dal Sahel. Ti ricordo bene. Il mattino di pasqua la gente correva da te per lavarsi il volto nella Baia del Silenzio di Sestri Levante. Al primo rintocco delle campane della chiesa vicina. Passavo il tempo a guardarti dall’alto. La Villa Mandrella si sporge sull’insenatura pitturata al sole ogni giorno. Mi è rimasto negli occhi il tuo sapore salato di vento. Avevo provato a scappare verso i tre anni e mi hai protetto tra due rive. Ponente e Levante quando ancora i pescherecci sembravano sfidarti. La festa del Santo Cristo è appena passata.Un legno lavorato a forma di crocifisso che incorona il volto spinato dalla tristezza. La basilica di Santa Maria di Nazareth fa la spia. Ti informa quando il Cristo è portato di nascosto su una barca di notte. Per evitare le tempeste e i naufragi degli ultimi marinai. Le spose e i figli scrutavano le burrasche con timore. Poi accendevano una candela sul davanzale. Mi avevi sempre incuriosito. Cambi di abito secondo i giorni, le ore e le circostanze. Colori indefinibili che rincorrono l’orizzonte della sera. Ho sempre creduto che il sole venisse a passare la notte da te. Una lunga scia che si assopisce tra le tue onde complici. Solo al mattino la brezza scompiglia il risveglio. Le reti raccolgono i tuoi sogni. Velieri, bastimenti, gozzi, pescherecci, transatlantici, scialuppe e barche da pesca. Pochi non ti ha attraversato almeno una volta. Numerosi sono coloro che hanno sperato di trovarsi in te. Perduti, sommersi e infine salvati. Tu sei colui che ha coperto colpevoli segreti. Sai a memoria le battaglie e le inutili vittorie. Racconti le tue storie a chi ricatta il tempo tra un’onda e l’altra. Sul tuo fondo giacciono i relitti di ruggine delle prime navi da guerra. I cannoni li hai assunti per coltivare i pesci. Non ti era ancora successo. Non sono pescatori. Non sono naviganti. Non sono esploratori. Non sono marinai. Non sono esperti. Non sono abituati. Non sanno come fare. Non prendono precauzioni. Non ti conoscono. Non ti temono. Non ti conoscono. Non ti informano. Non si fidano. Non ti ascoltano. Non ti aspettano. Non ti credono. Non ti pregano. Non ti bestemmiano. Non hanno tempo. Non tornano. Non si contano. Non ti parlano. Non ti seguono. Non ti supplicano. Non ti promettono. Non imparano. Non calcolano. Non fanno provviste. Non immaginano. Non si preparano. Non ti considerano. Non ti contano. Non ti condannano. Non ti giudicano.Non ti guardano. Non ti inseguono. Non ti carezzano. Non ti tradiscono. Non ti chiamano. Non seguono le correnti. Non lo avresti mai detto. Non avevi mai pianto prima di allora. Hai incominciato a contarli tuo malgrado. Dal 1988 in poi sono oltre ventimila. Affogati in te e da te scortati fino alla riva per la fragile sepoltura. Avevi pensato subito si trattasse di una guerra. Eppure con gli anni ti ci eri abituato. Da che mondo è mondo il mare è per le battaglie navali. I fondali sono musei di scheletri bellici. Ma questa volta no. Non hai trovato nè armi nè munizioni. Mancavano i generali e i soldati semplici. Solo qualche caporale senza possibilità di carriera. Sei rimasto sorpreso dall’età e dal tipo di naviganti. Donne, bambini, adolescenti e fuggitivi senza età. Allora ti sei messo a salmodiare l’ultimo canto delle sirene. Stendi le reti per riscattare le loro storie incagliate da promesse non mantenute. Collezioni tragedie senza nome e poi ne nascondi il lieto fine. Per la prima volta i santi innocenti sono cancellati dal calendario marittimo. Sei stato tradito l’altro fine settimana. Mai così tanti in una sola volta. Neppure nell’ultima guerra punica o la battaglia di Lepanto dell’impero Ottomano. Un fine settimana che sarà difficile rimuovere dagli annali. Erano settecento all’inizio e poi hai perso il conto. Vinto dalla tristezza della lista mai confermata. Allora hai sofferto una profonda vergogna. Come non mai nella tua vita hai rimpianto di esserti imbarcato in quella avventura. Tu il mare dove persino il Leviatano poteva giocare tranquillo. Le barche a vela e le galere degli schiavi. Come potevi sospettare che tacessero anche i bambini con le madri L’ultimo naufragio senza neppure un cimitero da visitare per i sopravissuti. Dall’inizio di quest’anno oltre duemila sepolti nel tuo campo di grano. Non è la rosa e non è il tulipano che li vegliano dall’ombra dei fossi. Ma sono mille papaveri rossi. mauro armanino ( e de andré), niamey, settembre 014″