Domani la solenne conclusione del Sinodo per l’Africa

CITTA’ DEL VATICANO – “Africa, alzati e cammina!”. E’ forte l’esortazione lanciata dal Messaggio finale del Sinodo: non c’è tempo da perdere, dicono i Padri sinodali, l’Africa deve cambiare e non si deve abbandonare alla disperazione.

Il documento è suddiviso in sette parti, più un’introduzione ed una conclusione. Numerosi gli appelli in esso contenuti: ai sacerdoti, perché siano fedeli nel celibato, nella castità e nel distacco dai beni materiali. Ai fedeli laici, “ambasciatori di Dio”, perché permettano alla fede cristiana di impregnare tutte le dimensioni della loro vita, poiché non ci sono scuse per chi resta ignorante in materia. In quest’ambito, il Messaggio raccomanda la formazione permanente dei laici e l’istituzione di Università Cattoliche.

Un altro appello è rivolto al mondo politico: l’Africa ha bisogno di politici santi che combattano la corruzione e lavorino al bene comune, si legge nel testo. Coloro che non sono formati alla fede, si convertano o abbandonino la scena pubblica per non danneggiare la popolazione e la credibilità della Chiesa cattolica.

Il Messaggio chiama poi in causa le famiglie cattoliche, mettendole in guardia dalle ideologie così dette “moderne” e chiedendo ai governi di sostenerle nella lotta alla povertà, perché una nazione che distrugge la famiglia agisce contro i propri interessi.

Quindi, i Padri Sinodali guardano alle donne e agli uomini cattolici: le prime vengono definite “la spina dorsale” delle Chiese locali; per loro si auspica una promozione maggiore a livello sociale e vengono invitate a non divenire ostaggio di ideologie straniere “tossiche” sul genere e la sessualità. Al contempo, il Messaggio chiama gli uomini cattolici ad essere mariti e padri responsabili, a difendere la vita sin dal concepimento e ad educare i figli.

Poi, l’appello ai giovani e ai bambini, presente e futuro dell’Africa, in cui il 60% della popolazione ha meno di 25 anni. Per entrambi, si raccomanda un apostolato attento, che li tenga lontani dalle sètte e dalle violenze.

E ancora, il Messaggio si rivolge alla comunità internazionale, perché tratti l’Africa con rispetto e dignità, cambi le regole del gioco economico e del debito estero africano, fermi lo sfruttamento delle multinazionali, che distrugge le tante ricorse naturali dell’Africa, non nasconda, dietro gli aiuti, altre intenzioni svantaggiose per gli africani.

Quindi, il Messaggio finale si sofferma sul problema dell’Aids: la Chiesa non è seconda a nessuno nella lotta contro il virus Hiv e nella cura dei malati, si legge. In accordo con Benedetto XVI, definito “amico autentico dell’Africa e degli africani”, i Padri sinodali ribadiscono che la questione non sarà risolta con la distribuzione di profilattici, e sottolineano il successo ottenuto invece dalla castità e dalla fedeltà.

Poi, il documento ribadisce l’importanza del dialogo con le religioni tradizionali, in ambito ecumenico ed interreligioso, in particolare con i musulmani: il dialogo è possibile, si legge nel Messaggio, ma è importante dire no al fanatismo, assicurare il rispetto reciproco e sottolineare che la libertà religiosa è un diritto umano fondamentale e include la libertà di condividere e proporre, non di imporre, la propria fede.

Tra gli altri temi trattati dal Messaggio, l’importanza del Sacramento della Riconciliazione e di programmi diocesani sulla pace, lo stop alla pratica della vendetta, il rafforzamento dei legami con le antiche Chiese di Etiopia e di Egitto e tra l’Africa e gli altri continenti, il ringraziamento ai missionari, la necessità di sostenere i migranti e i rifugiati nel mondo perché l’accoglienza è un dovere.

Infine, l’esortazione a sostenere il Secam (Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar) che ha compiuto 40 anni di attività, e a moltiplicare gli sforzi nella comunicazione sociale della Chiesa. Un esempio su tutti: la potenza della radio. In Africa, quelle cattoliche sono passate da 15 a 163 nel giro di 15 anni, dati da non sottovalutare in un mondo “pieno di contraddizioni e di crisi profonde”, in cui l’Africa fa notizia solo in caso negativo.