Papa in aereo: Corano libro di pace, ma capi musulmani condannino terrorismo

papa aereoCITTA’ DEL VATICANO – Durante il volo di ritorno a Roma il Papa ha tenuto la consueta conferenza stampa di fine viaggio colloquiando con i giornalisti del seguito. Tanti gli argomenti affrontati. “Il Corano è un libro di pace”, non si può equiparare islam e terrorismo, ma abbiamo bisogno che i leader musulmani condannino gli attentati terroristici. Il Papa risponde così alla prima domanda su islamofobia e cristianofobia: “Sarebbe bello che tutti i leader islamici – siano leader politici, leader religiosi o leader accademici – dicano chiaramente e condannino quello, perché questo aiuterà la maggioranza del popolo islamico a dire ‘No!’, ma davvero, dalla bocca dei suoi leader”. Tanti – dice – sono oggi i martiri cristiani: li stanno cacciando dal Medio Oriente. E proprio da questo martirio che riguarda le varie confessioni cristiane nasce l’ecumenismo del sangue: “I nostri martiri ci stanno gridando: ‘Siamo uno! Già abbiamo un’unità, nello spirito e anche nel sangue”. Il Papa ha ribadito la sua volontà di recarsi in Iraq: però ora non è possibile, ha spiegato: “Io, se in questo momento andassi, creerebbe un problema abbastanza serio alle autorità, di sicurezza … Ma mi piacerebbe tanto e lo voglio”. Ha quindi riaffermato che a suo avviso l’umanità sta vivendo una terza Guerra mondiale a pezzi. Ci sono inimicizie ma ci sono cause economiche, c’è “il dio denaro” che “è al centro e non la persona umana”. “Il traffico delle armi è terribile”, è oggi uno degli affari più fiorenti: “Ma io penso, l’anno scorso a settembre, alla Siria, quando si diceva che avesse le armi chimiche. Io credo che la Siria non fosse in grado di fare le armi chimiche. Chi gliel’ha vendute? Forse alcuni degli stessi che l’accusavano di averne? Non so. Ma su questo affare delle armi c’è tanto mistero”. E per quanto riguarda le armi nucleari ha detto che l’umanità non ha ancora imparato la lezione. Ad una domanda sulle celebrazioni il prossimo anno del genocidio armeno, ha ricordato la lettera scritta da Erdogan sull’argomento: alcuni l’hanno criticata giudicandola “troppo debole”, ma – ha detto – “è stata, a mio giudizio, grande o piccolo non so, ma un allungamento di mano. E questo sempre è positivo”. Dobbiamo pregare per la riconciliazione dei popoli – ha proseguito – “speriamo che si arrivi su una strada di piccoli gesti, di piccoli passi di avvicinamento”. E ha auspicato l’apertura della frontiera turco-armena. Sul dialogo con gli ortodossi ha affermato che si è in cammino. Se dobbiamo aspettare che i teologi si mettano d’accordo – ha detto con una battuta citando Paolo VI – quel giorno non arriverà mai; bisognerebbe mettere su un’isola tutti i teologi. Noi dobbiamo continuare a camminare insieme. “Questo è l’ecumenismo spirituale: pregare insieme, lavorare insieme, tante opere di carità …”. Ha poi precisato: “Le Chiese cattoliche orientali hanno il diritto di esistere, è vero. Ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca”. Ha ribadito la sua volontà di incontrare il Patriarca di Mosca Kirill. “Gli ho detto: ‘Ma io vado dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vado’. E lui ha la stessa voglia”. Ma in questo momento c’è la questione dell’Ucraina e il Patriarca ha altri problemi. Riguardo all’ecumenismo ha ripetuto con Giovanni Paolo II la sua disponibilità a discutere sul primato del Vescovo di Roma, quale sia la forma di esercizio di questo ministero condivisibile da tutti: “La forma del primato dobbiamo andare un po’ al primo secolo per ispirarci. Non dico che la Chiesa ha sbagliato: no, no. Ha fatto la sua strada storica. Ma adesso la strada storica della Chiesa è quella che ha chiesto San Giovanni Paolo II: ‘Aiutatemi a trovare un punto d’accordo alla luce del primo millennio’”. Ma la Chiesa – ha sottolineato – quando guarda se stessa e non Cristo, quando crede di essere Lei la luce e non semplicemente portatrice di Luce, crea divisioni. L’autoreferenzialità trasforma la Chiesa in una Ong teologica. Ha auspicato quindi che i cristiani possano festeggiare insieme la Pasqua nella stessa data. Ha quindi parlato della visita alla Moschea Blu. Qui – ha detto – ho sentito il bisogno di pregare soprattutto per la pace. E sul dialogo interreligioso ha spiegato che è ora di fare un salto di qualità perché sia non un dialogo teologico ma esperienziale “tra persone religiose di diverse appartenenze”. Infine, ad una domanda sulle discussioni sull’omosessualità in occasione dei recenti lavori sinodali, ha ricordato che “il Sinodo è un percorso, è un cammino”: non si può considerare in modo isolato l’opinione di una persona o di una bozza di documento. “Il Sinodo – ha concluso non è un parlamento” ma “uno spazi protetto dove possa parlare lo Spirito Santo”. DA RADIOVATICANA