La corrispondenza di Padre Armanino dal Niger: “Tombe migranti”

b-423880-21_Niamey_NigerNIAMEY – “Alle otto di stamane c’era la madre con un tessuto arrotolato tra le braccia. Piangeva lacrime di madre. In piedi davanti al cancello ancora chiuso del cimitero cristiano. Il padre poco lontano chiamava col telefono il guardiano perché aprisse prima del solito.Il figlio di sette mesi era morto il giorno prima alla maternità centrale di Niamey. Un figlio al quale non aveva pensato di dare un nome.Credeva di avere ancora due mesi per farlo. Solo che lui era arrivato prima del tempo e senza informare era tornato. La tomba come un altro ventre di sabbia. E lui deposto con le mani di padre sul fondo  appena scavato dell’utero. Alcune gocce d’acqua per ricordare la vita e poi la terra che si allontana dalle mani. Rimane precario un ramo di albero verde per segnalare la tomba agli altri morti del cimitero. Il nome sfuggito all’ultimo momento dalle labbra del padre é Philippe. Colui che ama i capelli che suo padre avrebbe carezzato di nascosto. Il guardiano si chiama Moussa perchè come Mosè traghetta tombe sulla sabbia. L’altra riva non è lontana dalla terra promessa. Le tombe del cimitero cristiano si rincorrono e si spostano durante la notte.Il mattino ognuna torna al suo posto per non creare sospetti. Tombe di padri e di bambini.Tombe di coloni ingiallite dal vento e tombe di passeggeri mai arrivati alla fine del viaggio. Tombe disorganizzate e rese precarie dall’imprevidenza della morte che arriva quando ci si distrae con la vita. Il cimitero ha il muro di cinta dipinto di bianco. Dichiarato insufficiente a contenere le nuove tombe vorrebbe spostarsi da un’altra parte. Le croci e i rami si fanno concorrenza a seconda dei giorni. La ruggine consuma i nomi pitturati sul legno e il ferro delle croci. L’ultima tomba è quella di Tony che è arrivato da una settimana dopo 20 anni di migrazioni in giro per l’Africa e l’Asia. Messa nel mezzo tra due tombe quella di Tony è stata scavata in fretta dal guardiano. Solo sabbia che scende veloce tra gli occhi. C’erano i liberiani che come lui hanno fuggito la guerra. Cantavano come a Monrovia tra la guerra e la pace che non si presenta all’appuntamento. Cantavano e piangevano perché le granate cadessero altrove. Tony intanto giocava al calcio e inseguiva le tracce di un successo che non arriva in tempo. Due corde calano il feretro tenuto insieme da viti sul fondo della tomba. Solo che Tony è morto domenica di tubercolosi. Ha lasciato come eredità alcune medicine non prese e un documento timbrato dalle frontiere. Ha passato gli anni viaggiando tra una vita e l’altra. Lo hanno scoperto immobile sul materassino di spugna che gli avevano prestato per la circostanza. La sua borsa non nascondeva nulla.Aveva conservato il biglietto della corsa di andata della compagnia di trasporto. Si tratta della prima tomba migrante per un liberiano nel cimitero cristiano di Niamey. I suoi connazionali piangevano e cantavano nenie. Nascondevano il sapore dei canti che solo gli schiavi liberati sanno immaginare. Tony è passato da turista nel campo profughi del Ghana chiamato Budunburam.Intere generazioni di liberiano lo hanno abitato senza più tornare al paese che li ha traditi. Altri hanno raggiunto l’America. Tony aveva sentito parlare di Niamey e certamente cercava un modo per partire. Sapeva anche fare il ciabattino e solo aspettava l’occasione buona per dimostrarlo. Le scarpe dei migranti hanno la forma e il colore delle strade non percorse. Manciate di sabbia che carezzano il feretro sotto gli occhi attenti delle altre tombe esperimentate dalla consuetudine dei riti di passaggio. Tony era apparso venerdì per la richiesta una visita medica arrivata tardi. La malattia l’aveva sorpreso mentre dormiva. Un fiore mai notato prima era spuntato dalla sua bocca. Un fiore colorato dal respiro fattosi pesante che  neanche i supplementari potevano bastare. I liberiani cantavano e danzavano per sedurre la paura. Un ramo d’albero verde spuntava come una bandiera senza nazione dalla sua terra. E senza darlo a vedere alcune tombe si misero a danzare di nascosto”.