Il Papa: i poveri ci facilitano l’accesso al Cielo. Accogliere il loro grido

CITTA’ DEL VATICANO – La Messa celebrata da Papa Francesco in San Pietro è stata al centro della III Giornata Mondiale per i Poveri. E tra i banchi della Basilica vaticana c’erano uomini, donne, bambini provenienti da diversi Paesi e con diverse storie di vita alle spalle di cui ancora portano i segni.
Prendendo spunto dal Vangelo del giorno, il Papa ha invitato a guardare alle cose importanti. Francesco ha sottolineato che il Signore lascia che crollino delle certezze perché possiamo imparare a distinguerle da ciò che veramente è certo e dura per sempre, cioè Dio e il prossimo che vale più di tutte le cronache del mondo.
Occorre però stare in guardia da due tentazioni.
Innanzitutto la fretta, che porta a non trovare più tempo per Dio e per il fratello che ci vive accanto. La conseguenza immediata è che chi resta indietro dà fastidio. Francesco ha invitato a perseverare invece nel bene, a non perdere di vista ciò che conta.
Il secondo inganno da rifuggire è l’io, l’egoismo, l’autoreferenzialità, il fare le cose per sentirsi dire “bravo”, a cui il Papa antepone stavolta la lingua del “tu”.
“Parla la lingua di Gesù”, ha detto il Papa, “non chi dice io, ma chi esce dal proprio io”. Eppure, quante volte, anche nel fare il bene, regna l’ipocrisia dell’io: faccio del bene ma per esser ritenuto bravo; dono, ma per ricevere a mia volta; aiuto, ma per attirarmi l’amicizia di quella persona importante.
E mentre domanda come ciascuno si comporta davanti al povero, Francesco ha ribadito che la Parola di Dio, spinge ad una carità non ipocrita, cioè a dare a chi non ha da restituirci, a servire senza cercare ricompense e contraccambi. I poveri infatti sono preziosi agli occhi di Dio proprio perché non parlano la lingua dell’io, ma hanno sempre bisogno di chi li sostenga, e proprio loro – aggiunge il Papa – ci ricordano che il Vangelo si vive come mendicanti protesi verso Dio.
“Allora, anziché provare fastidio quando li sentiamo bussare alle nostre porte, possiamo accogliere il loro grido di aiuto come una chiamata a uscire dal nostro io, ad accoglierli con lo stesso sguardo di amore che Dio ha per loro. Che bello se i poveri occupassero nel nostro cuore il posto che hanno nel cuore di Dio! Stando con i poveri, servendo i poveri, impariamo i gusti di Gesù, comprendiamo che cosa resta e che cosa passa”.
L’amore è tra le cose destinate a non passare mai, Dio è amore e i poveri che chiedono amore ci portano dritti a Dio, perciò Francesco chiude la sua omelia ribadendo un pilastro del cristianesimo: “I poveri ci facilitano l’accesso al Cielo: per questo il senso della fede del Popolo di Dio li ha visti come i portinai del Cielo. Già da ora sono il nostro tesoro, il tesoro della Chiesa. Ci dischiudono infatti la ricchezza che non invecchia mai, quella che congiunge terra e Cielo e per la quale vale veramente la pena vivere: l’amore.