“Imminente” la pubblicazione della terza eniclica del Papa

CITTA’ DEL VATICANO – Si intitola Caritas in veritate e la sua pubblicazione è “ormai prossima”. La terza, attesissima, enciclica di Benedetto XVI riprenderà le tematiche sociali contenute nella Populorum progressio, scritta da Paolo VI nel 1967. Il Papa lo ha spiegato oggi all’Angelus, al termine della Celebrazione eucaristica nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. L’enciclica, ha detto il Papa,

“Intende approfondire alcuni aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce della carità nella verità. Affido alla vostra preghiera questo ulteriore contributo che la Chiesa offre all’umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti”.

Nella Santa Messa presieduta nella Basilica Vaticana il Papa imposto il sacro pallio a 34 arcivescovi metropoliti, come segno della potestà vescovile esercitata in comunione con la Chiesa di Roma. Si tratta di una stola costituita da una fascia di lana bianca su cui spiccano sei croci di seta nera. Tre gli arcivescovi italiani che lo ha ricevuto oggi il pallio: si tratta di mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, mons. Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Siracusa, e mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, arcivescovo di Lecce. Nell’omelia il Papa ha ricordato la chiusura dell’Anno Paolino e l’inizio dell’Anno sacerdotale, affrontando il tema dell’impegno dei presbiteri, primo fra tutti, ha detto, quello di mettersi nella posizione di Dio, perchè, ha spiegato, “Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità”
“Gesù, il “vescovo delle anime”, ha aggiunto il Papa riprendendo la prima lettera di San Pietro, “è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale”, perchè “Non basta parlare. I pastori devono farsi modelli del gregge”.

“Come Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande.”