Festa a Milano per la beatificazione di Don Carlo Gnocchi

<br />MILANO – “Don Carlo Gnocchi, presbitero pieno di zelo pastorale tra i giovani negli oratori e nei pericoli della guerra, che coronò la sua missione dedicando le sue energie ai piccoli orfani, mutilati, poliomielitici, vittime innocenti del dolore”, d’ora in poi sarà chiamato Beato e la sua festa “si celebrerà nei luoghi e secondo le regole stabilite dal Diritto ogni anno il 25 ottobre”. Sono le parole pronunciate in piazza Duomo a Milano, a nome del Papa, da monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione dei Santi. Alla cerimonia di beatificazione, presieduta dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, hanno partecipato oltre cinquantamila persone. Un compleanno speciale per don Carlo Gnocchi, beatificato nel corso della celebrazione in piazza Duomo a Milano, nel giorno della sua nascita avvenuta il 25 ottobre 1902. Una festa a cui si è aggiunto il saluto del Papa e dei fedeli riuniti per l’Angelus in Piazza San Pietro. Benedetto XVI ha voluto ricordare così il “papà dei mutilatini”: “Egli fu dapprima valido educatore di ragazzi e giovani. Nella seconda guerra mondiale divenne cappellano degli Alpini, con i quali fece la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo. Fu allora che progettò di dedicarsi interamente ad un’opera di carità. Così, nella Milano in ricostruzione, Don Gnocchi lavorò per ‘restaurare la persona umana’ raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione. Diede tutto se stesso fino alla fine, e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi. La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all’avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative”. Il collegamento col Papa ha suggellato una domenica di sole, con 50 mila persone accorse a testimoniare ancora una volta l’affetto per il cappellano degli Alpini in Russia, precursore dei trapianti col dono delle sue cornee, quando, alla sua morte, il 28 febbraio 1956, non esisteva ancora una legge in Italia. Il rito di beatificazione è stato presieduto dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, alla presenza di mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, e del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi. Nell’omelia, il cardinale Tettamanzi ha sottolineato la molteplicità delle vocazioni di questo prete ambrosiano che, ha detto, “ha consumato la sua vita nella ricerca del volto di Cristo impresso nel volto di ogni uomo”, nella convinzione che solo la carità poteva e può salvare il mondo: “Don Carlo ha saputo coinvolgersi con dedizione entusiastica e disinteressata, non solo nella vita della Chiesa ma anche in quella della società; e lo ha fatto coltivando con grande intelligenza e vigore l’intimo legame tra la giustizia e la carità. Una carità che tende le mani alla giustizia, egli diceva. E noi possiamo continuare la sua opera chiedendo oggi alla giustizia di tendere le mani alla carità!”. Nel messaggio finale, mons. Amato ha ricordato come don Carlo Gnocchi fu “un prete tutto di Cristo, tutto della Chiesa, tutto del prossimo bisognoso e sofferente”. Del neo beato ha ricordato le parole dal fronte russo: “Desidero e prego dal Signore una sola cosa: servire per tutta la vita i suoi poveri: ecco la mia ‘carriera’”. “Amis, vi raccomando la mia baracca”, disse don Gnocchi prima di morire, raccomandando la sua opera che si prendeva cura dei più deboli, provati dalla guerra. La sua “baracca” è cresciuta, prendendosi cura di tutte le persone fragili: dai disabili, agli anziani, ai malati oncologici in fase terminale fino ai pazienti in stato vegetativo persistente. In Italia, la Fondazione che porta il suo nome è presente con 28 centri e 3800 posti letto; quotidianamente presta servizi a oltre 10 mila persone e porta avanti progetti di sviluppo internazionale come organizzazione non governativa in Europa, Asia, Africa e America Latina