CITTA’ DEL VATICANO – Un’esperienza “altamente positiva per il senso di responsabilità dei vescovi africani, il senso di un cammino che è nella Chiesa, una passione testimoniata e vissuta per il bene della gente africana. È stata una bella esperienza di fraternità”. A tracciare un bilancio del secondo Sinodo dei vescovi per l’Africa è mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento e presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese, il quale ha partecipato all’assemblea come “membro di nomina pontificia”. Durante i lavori sinodali, afferma mons. Bressan parlando delle priorità maggiormente sottolineate, è emersa “la coscienza che la situazione è diventata insostenibile per vari motivi: miseria diffusa, corruzione diventata metodo ordinario di gestione amministrativa, sfruttamento da parte di potenze estere, depauperamento delle risorse ambientali, imposizione di ideologie contrarie alla famiglia e alla vita”. Ma, nello stesso tempo – nota l’arcivescovo di Trento, che ha lavorato in Africa dal 1974 al 1976, come segretario della nunziatura apostolica di Abidjan (Costa d’Avorio)– è emersa “anche una forte speranza basata sulla fede in Cristo e voglia di continuare, ed anzi crescere, nella promozione integrale delle nazioni africane, promozione della formazione nella dottrina sociale della Chiesa”. Per l’arcivescovo, “l’Africa non è un continente senza prospettive e senza speranza. Nei vari incontri si è imparato a riconoscere molte qualità e risorse che vi sono in Africa” tra cui i giovani e le donne. “Sì – conclude – la Pentecoste è ancora possibile”.