Una grande festa dei sacerdoti di tutto il mondo col Papa

CITTA’ DEL VATICANO – Ieri, con una Messa Solenne in Piazza San Petro, nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, Benedetto XVI ha chiuso l’Anno Sacerdotale da lui aperto il 19 giugno di un anno fa, in coincidenza con il 150.mo anniversario della morte del Curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney. La conclusione dell’Anno sacerdotale è stata una vera grande festa dei sacerdoti del mondo con il Papa. I diecimila che sono venuti a Roma ne rappresentano moltissimi altri che ne condividono gli stessi sentimenti. Una festa nella fede e nella preghiera. Il Papa è stato chiarissimo nell’invitarci con forza a riconoscere il sacerdozio non come un ufficio, un mestiere umano, ma come un dono di Dio, di un Dio che si affida “con audacia” a degli esseri umani perché dicano le sue parole di perdono e lo rendano presente nel mondo con il suo Corpo e il suo Sangue. Uomini che – ha detto il Papa nella Veglia – vengono “tirati” in lui, nella persona di Cristo, verso “il mondo della risurrezione”. Testimoni di un mondo che non è solo quello di un oggi in cui Dio non c’entra, ma piuttosto quello futuro, che viene appunto reso presente fin d’ora nelle parole e negli atti sacramentali del sacerdote. Il Papa ha osservato che gli scandali degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti hanno messo ancor più in rilievo che il dono di Dio si nasconde in “vasi di creta” – come dice San Paolo -, che va quindi riconosciuto appunto come un dono e non come una gloria umana, e va accolto con umiltà e coraggio, custodito con impegno domandando la protezione del Signore affinché non venga stravolto dal peccato e simili abusi non avvengano mai più. Gratitudine, umiltà, fiducia, in una prospettiva di fede. La Chiesa non può vivere senza il dono del sacerdozio. Bisogna chiederlo a Dio con intensità ed insistenza. L’immagine dell’adorazione notturna sulla Piazza di San Pietro deve continuare ad accompagnarci. (da Radiovaticana)