Il Papa ai giornalisti cattolici: testimoniate con passione la verità

CITTA’ DEL VATICANO – Aiutate l’uomo contemporaneo ad orientarsi a Cristo: così, Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso mondiale della Stampa Cattolica, ricevuti stamani in udienza in Vaticano. Il Pontefice ha spronato i giornalisti cattolici a porre sempre Dio al vertice dei propri valori e a testimoniare la verità con passione e competenza. Il Papa ha inoltre messo in guardia dal rischio della confusione del reale con il virtuale, che può essere favorita dalle nuove tecnologie della comunicazione. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del dicastero delle Comunicazioni Sociali, che ha organizzato il Congresso a cui hanno preso parte operatori della comunicazione provenienti da 85 Paesi. Ponete sempre Dio “al vertice della scala dei valori”: è la vibrante esortazione di Benedetto XVI agli operatori dei media cattolici, chiamati a testimoniare la verità in tempi “segnati anche da tante ombre”: “Il vostro compito, cari operatori della stampa cattolica, è quello di aiutare l’uomo contemporaneo ad orientarsi a Cristo, unico Salvatore, e a tenere accesa nel mondo la fiaccola della speranza, per vivere degnamente l’oggi e costruire adeguatamente il futuro. Per questo vi esorto a rinnovare costantemente la vostra scelta personale per Cristo, attingendo da quelle risorse spirituali che la mentalità mondana sottovaluta, mentre sono preziose, anzi, indispensabili”. Il Papa ha ribadito che, anche di fronte alle attuali trasformazioni profonde nel mondo della comunicazione, la stampa cattolica deve quotidianamente impegnarsi a “percorrere la strada maestra della verità”: “La ricerca della verità dev’essere perseguita dai giornalisti cattolici con mente e cuore appassionati, ma anche con la professionalità di operatori competenti e dotati di mezzi adeguati ed efficaci. Ciò risulta ancora più importante nell’attuale momento storico, che chiede alla figura stessa del giornalista, quale mediatore dei flussi di informazione, di compiere un profondo mutamento”. Si è quindi soffermato sul peso sempre maggiore che l’immagine ha nel mondo della comunicazione. L’immagine, ha constatato, “può anche diventare indipendente dal reale, può dare vita ad un mondo virtuale, con varie conseguenze, la prima delle quali è il rischio dell’indifferenza nei confronti del vero”. Ed ha sottolineato che “le nuove tecnologie, assieme ai progressi che portano, possono rendere interscambiabili il vero e il falso, possono indurre a confondere il reale con il virtuale”: “La ripresa di un evento, lieto o triste, può essere consumata come spettacolo e non come occasione di riflessione. La ricerca delle vie per un’autentica promozione dell’uomo passa allora in secondo piano, perché l’evento viene presentato principalmente per suscitare emozioni. Questi aspetti suonano come campanello d’allarme: invitano a considerare il pericolo che il virtuale allontani dalla realtà e non stimoli alla ricerca del vero, della verità”. In tale contesto, dunque, la stampa cattolica è chiamata “in modo nuovo, ad esprimere fino in fondo le sue potenzialità e a dare ragione” della sua irrinunciabile missione. Ha così affermato che per la Chiesa “il mezzo e il messaggio coincidono”: il Figlio di Dio è infatti, allo stesso tempo, “messaggio di salvezza e mezzo attraverso il quale la salvezza si realizza”. E’ una realtà, ha detto, “accessibile a tutti” anche a quanti, “pur vivendo da protagonisti nella complessità del mondo, sono capaci di conservare l’onestà intellettuale propria dei ‘piccoli’ del Vangelo”: Ha infine ribadito quanto, per la Chiesa, sia oggi impegnativa la sfida della comunicazione: “I cristiani non possono ignorare la crisi di fede che è sopraggiunta nella società, o semplicemente confidare che il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli passati possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della famiglia umana. L’idea di vivere “come se Dio non esistesse” si è dimostrata deleteria: il mondo ha bisogno piuttosto di vivere “come se Dio esistesse”, anche se non c’è la forza di credere, altrimenti esso produce solo un “umanesimo disumano”.