Benedetto XVI, nella Repubblica di San Marino, chiede di tornare alla fede di fronte ai modelli edonistici. All’Angelus sollecita condizioni degne per tutti i rifugiati

REPUBBLICA DI SAN MARINO – Nello Stadio di Serravalle per la Santa Messa e l’Angelus erano presenti 25 cardinali e vescovi e più di 200 sacerdoti concelebranti. Tornate alla fede, la vostra vera ricchezza – ha detto il Santo Padre ai sanmarinesi – di fronte “a modelli edonistici che ottenebrano la mente e rischiano di annullare ogni moralità”. Il Papa ha poi chiesto all’Angelus di garantire in tutto il mondo “degne condizioni di vita ai rifugiati”. 

Un suono di campane diffuso da tutte le chiese della Repubblica. Così, in un clima di grande festa, è stato accolto Benedetto XVI questa mattina a San Marino. Era atteso davvero da tutti, da tanto tempo; ed oggi i fedeli di questa diocesi hanno voluto abbracciarlo attraverso una straordinaria partecipazione popolare: circa 22mila le persone presenti nello Stadio di Serravalle. E’ la più antica repubblica del mondo, San Marino; un piccolo Stato che affonda le sue gloriose radici nella cristianità. Lo ricorda lo stesso vescovo della diocesi di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri, che nell’indirizzo di saluto, all’inizio della Messa, parla di questa Chiesa particolare, che vive da oltre 1700 anni, nata dall’evangelizzazione che due Santi, Marino e Leone provenienti dalla Croazia, hanno iniziato fra questi monti. Proprio a questa evangelizzazione si deve, poi, la nascita anche di quella straordinaria esperienza di società, che caratterizza la storia della Repubblica del Titano.

Una Chiesa, questa, che ha vissuto una singolarissima predilezione verso la Madre del Signore, e la cui fede è stata, lungo i secoli, la grande ricchezza di questa popolazione. Fino a quando, però, non si è estesa su di essa l’ala fredda e nera della cultura del sospetto. E cosi – afferma mons. Negri – queste popolazioni hanno visto perduta o fortemente ridotta la forza della fede. Ecco, dunque, l’importanza dell’impegno della Chiesa, che sta cercando di recuperare l’identità di questo popolo cristiano:

Ella, Santità, saprà accogliere questo tentativo che stiamo vivendo, correggerne le eventuali difficoltà, saprà confermarci nella nostra identità e nell’impeto missionario che solo può dare un contributo alla ripresa della vita sociale. Santità attendiamo con gratitudine e commozione la sua parola chiarificatrice, correttiva e confortatrice. Ma soprattutto Santità ci aiuti a crescere nella fede. Abbia compassione di noi e ci benedica.

Un appello al quale il Pontefice risponde durante l’omelia, assicurando la sua vicinanza a tutta la comunità, e a cui unisce l’incoraggiamento a perseverare nella testimonianza dei valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione.

Ricorda, il Pontefice, la Festa della Santissima Trinità, che si celebra oggi. La liturgia di oggi – spiega – attira la nostra attenzione sulla realtà di amore che è contenuta in questo primo e supremo mistero della nostra fede. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uno, perché Dio è amore: il Padre dà tutto al Figlio; il Figlio riceve tutto dal Padre con riconoscenza; e lo Spirito Santo è come il frutto di questo amore reciproco del Padre e del Figlio.

I testi della Santa Messa di oggi parlano di Dio e perciò parlano di amore: non si soffermano tanto sul Mistero delle tre Persone, ma sull’amore che ne costituisce la sostanza e l’unità e trinità nello stesso momento.

E per evidenziare l’amore di Dio, Benedetto XVI ricorda, poi, il brano tratto dal Libro dell’Esodo, in cui si racconta che si è appena concluso il patto di alleanza presso il monte Sinai, e già il popolo manca di fedeltà a Dio. L’assenza di Mosè si prolunga e il popolo chiede ad Aronne di fare un Dio che sia visibile, accessibile, manovrabile, alla portata dell’uomo. Aronne acconsente e prepara un vitello d’oro. Scendendo dal Sinai, Mosè vede ciò che è accaduto e spezza le tavole dell’alleanza su cui erano scritte le “Dieci Parole”, il contenuto concreto del patto con Dio. Tutto sembra perduto, eppure, nonostante questo gravissimo peccato, Dio, per intercessione di Mosè, decide di perdonare; invita Mosè a risalire sul monte per ricevere di nuovo la sua legge, i Dieci Comandamenti. Mosè chiede allora a Dio di rivelarsi. Ma Dio non mostra il volto, rivela piuttosto il suo essere pieno di bontà, dicendo: «Il Signore, Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà». Questa auto-definizione di Dio – sottolinea il Papa – manifesta il suo amore misericordioso: un amore che vince il peccato, lo copre, lo elimina.

Noi abbiamo un Dio che rinuncia a distruggere il peccatore e che vuole manifestare il suo amore in maniera ancora più profonda e sorprendente proprio davanti al peccatore per offrire sempre la possibilità della conversione e del perdono.

Il Vangelo completa questa rivelazione – sottolinea poi Benedetto XVI – perché indica fino a che punto Dio ha mostrato la sua misericordia. L’evangelista Giovanni riferisce l’espressione di Gesù: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Una frase dalla quale emerge che nel mondo c’è il male, c’è egoismo, c’è cattiveria e Dio potrebbe venire per giudicare questo mondo, per distruggere il male, per castigare coloro che operano nelle tenebre. Invece – afferma Benedetto XVI – egli mostra di amare il mondo, di amare l’uomo, nonostante il suo peccato, e invia ciò che ha di più prezioso: il suo Figlio unigenito, facendone dono al mondo. Ed è sulla croce che l’amore misericordioso di Dio giunge al culmine. Nel mistero della croce, sono presenti le tre Persone divine: il Padre, che dona il suo Figlio unigenito per la salvezza del mondo; il Figlio, che compie fino in fondo il disegno del Padre; lo Spirito Santo – effuso da Gesù al momento della morte – che viene a renderci partecipi della vita divina, a trasformare la nostra esistenza, perché sia animata dall’amore divino.

Benedetto XVI, quindi, torna poi a tracciare l’antico percorso di fede che caratterizza questa diocesi:

La ricchezza di questo popolo, la vostra ricchezza, cari Sammarinesi, è stata ed è la fede, e che questa fede ha creato una civiltà veramente unica. Accanto alla fede, occorre poi ricordare l’assoluta fedeltà al Vescovo di Roma, al quale questa Chiesa ha sempre guardato con devozione ed affetto; come pure l’attenzione dimostrata verso la grande tradizione della Chiesa orientale e la profonda devozione verso la Vergine Maria.

La vostra missione – aggiunge il Papa – si trova a dover confrontarsi con profonde e rapide trasformazioni culturali, sociali, economiche, politiche, che hanno determinato nuovi orientamenti e modificato mentalità, costumi e sensibilità.

Anche qui, infatti, come altrove, non mancano difficoltà e ostacoli, dovuti soprattutto a modelli edonistici che ottenebrano la mente e rischiano di annullare ogni moralità. Si è insinuata la tentazione di ritenere che la ricchezza dell’uomo non sia la fede, ma il suo potere personale e sociale, la sua intelligenza, la sua cultura e la sua capacità di manipolazione scientifica, tecnologica e sociale della realtà.

Fa poi cenno, il Pontefice, alla crisi di non poche famiglie, aggravata dalla diffusa fragilità psicologica e spirituale dei coniugi, come pure la fatica sperimentata da molti educatori nell’ottenere continuità formativa nei giovani, condizionati da molteplici precarietà, prima fra tutte quella del ruolo sociale e della possibilità lavorativa.

Esorto tutti i fedeli ad essere come fermento nel mondo, mostrandovi sia nel Montefeltro che a San Marino cristiani presenti, intraprendenti e coerenti.

Rivolgendosi, inoltre, ai sacerdoti, religiosi e religiose, il Papa auspica che vivano sempre nella più cordiale e fattiva comunione ecclesiale, aiutando ed ascoltando il pastore diocesano. Anche presso di voi – sottolinea il Santo Padre – si avverte l’urgenza di una ripresa delle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione: faccio appello alle famiglie ed ai giovani, perché aprano l’animo ad una pronta risposta alla chiamata del Signore. Ai laici, invece, giunge l’appello del Papa, affinché si impegnino attivamente nella Comunità così che, accanto ai peculiari compiti civici, politici, sociali e culturali, possano trovare tempo e disponibilità per la vita pastorale. Ai Sammarinesi tutti, invece un appello importante:

Cari Sammarinesi, rimanete saldamente fedeli al patrimonio costruito nei secoli sull’impulso dei vostri grandi Patroni, Marino e Leone.