Criminalità in Liguria: diminuiscono i reati, aumentano le associazioni di stampo mafioso

GENOVA – Il fenomeno del crimine organizzato è diffuso anche in Liguria. Lo evidenzia il 5° rapporto sullo stato della criminalità ligure che analizza le tendenze delittuose nelle quattro province attraverso le denunce dei cittadini. Da un lato sono diminuiti quantitativamente i reati, dall’altro sono comparsi quelli di cui sono vittime le donne come i maltrattamenti o le violenze dentro e fuori le mura domestiche, o quei reati cosiddetti ‘spia’ come i danneggiamenti, le violenze, gli incendi spesso erroneamente associati al protagonismo di alcune frange giovanili, ma nella realtà riconducibili a ritorsioni legate ad affari illeciti se non a tentativi di estorsione. In Liguria gli omicidi sono stati contenuti, anche nel corso del 2010, e sono stati caratterizzati per lo più da moventi a sfondo sentimentale e in misura ridotta, di tipo ritorsivo, vendicativo, scaturiti per lo più dalla gestione di affari illeciti derivanti essenzialmente dal traffico di droghe, dallo sfruttamento della prostituzione e da intrecci con il giro di prestiti di denaro. Dal rapporto emerge un quadro in cui i furti e le rapine continuano la loro piccola, ma costante decrescita che ha preso il via nel 2008. Aumentano invece i furti nella provincia di Imperia e nei Comuni costieri si registra un aumento dei delitti con valori compresi tra il 20 e il 25%. In particolare dei borseggi, dei furti in negozio, quelli su auto e in appartamento. Esigue e inalterate nell’intera provincia imperiese le rapine in banca e negli uffici postali. Nell’area savonese, se a Savona aumentano i borseggi del 25% rispetto agli ultimi due anni, rimane costante la diminuzione dei reati di strada e di quelli contro il patrimonio. Preoccupano invece i reati connessi alla criminalità organizzata. “In Liguria – spiega Stefano Padovano, coordinatore dell’Osservatorio regionale sulla sicurezza – sono presenti le associazioni criminali di stampo mafioso, anche se a macchia di leopardo. E anche nelle zone non tradizionalmente mafiose si devono cogliere i segnali che rendono la loro presenza concreta. L’errore dunque è quello di sottovalutare il fenomeno, non mettendo in atto azioni preventive”.