Niger: storia di una civiltà nella sabbia. La corrispondenza di padre Mauro Armanino

NIGER – Pubblichiamo di seguito la corrispondenza dal Niamey di Padre Mauro Armanino, missionario dello Sme, sacerdote originario di Casarza Ligure.

“Non pulissero le strade dalla sabbia anche Niamey potrebbe sparire, inghiottita come le città invisibili di Calvino. E invece signore col giubbotto a striscie,il velo e le scope mantengono la visibilità delle strade e delle persone. Per mille franchi al giorno, per poche ore,quelle del mattino, la strada torna reale. Ieri soffiava forte il vento di sabbia del deserto. Per un lungo momento anche il sole sembrava accennare ad una parziale tregua pomeridiana. La sabbia è ciò da cui veniamo e ciò a cui torniamo.E a ciò, da tempo,  Niamey si prepara. I grattacieli frutto del commercio dell’uranio si confondono con quelli del petrolio cinese. Ma alla fine sarà la sabbia a dire l’ultima parola.Basta fare un salto al cimitero, quello musulmano o quello cristiano. Tombe di sabbia che sembrano castelli mai terminati dopo che i bambini si sono stancati di tenerli insieme.

Di sabbia è la politica del Niger. Di sabbia sono le armi che portano i militari per scoraggiare altre dimostrazioni studentesche dopo i due morti di Zinder. Zona petrolifera e dunque potenzialmente mortale. Mani insanguinate di sabbia della settima repubblica che non andrà da nessuna parte. Il prossimo colpo di stato sarà vergognoso come il precedente perché fatto di sabbia. La politica è sabbiosa come le rive del fiume Niger. Passano le poche piroghe e scaricano la frutta che arriva da altre zone costiere. Un fiume di sabbia come l’impunità che avvolge come un manto scolorito il panorama politico del paese.

Clinton ha sedici anni. Senza genitori va in Algeria. Coi documenti di sabbia viene rispedito al mittente e arriva oggi a Niamey. Il nome di un presidente di sabbia. Sarà incamminato domani alla frontiera della Nigeria e del suo villaggio che la confina. Aveva la sabbia negli occhi e parlava anche l’inglese con un buon accento. Torna a casa perché la sabbia a volte ricorda. Era passato dal Benin e dal Mali per poi raggiungere l’Algeria. Espulso e condotto dalla croce rossa fino a Gao, nel Mali. La casa del migrante è impastata dalla sabbia di migliaia di migranti che ivi transitano.Oggi uno di loro, originario del Cameroun, stava aspettando di essere ricevuto seduto nella sabbia. Dopo i maliani sono i camerunesi i più numerosi, diceva l’accompagnatore di Clinton. Si trova a garantire l’incolumità di una signora che è malata mentale e torna al paese di sabbia da cui era partita un giorno. Sorrideva con l’aria lieta di chi finalmente sa dove tornare a vivere.

Il vento invece è irregolare. Forma vortici che non si giustificano affatto. Scompaiono quando ci si avvicina e crescono quando ci si allontana. Sono le utopie che se affidate al vento si sentono tradite. La scuola elementare nel paese si scopre incapace di offrire le stuoie come pareti per le migliaia di nuove classi annunciate. E allora tornano i cinesi che costruiranno due scuole di dieci classi ciascuna.Per fortuna ci sono gli alberi che nella stagione secca resistono al vento.Quello del cambiamento è soffocato da militari bene armati negli incroci della capitale. Armi al vento quasi a giustificare le ribellioni che tra non molto torneranno ancora a far parlare di loro.

Moussa è tornato ad Agadez con l’ambulanza dell’Ospedale Nazionale di Niamey. Paralizzato dai venti di guerra in Libia, torna da sua madre che è separata dal padre.Avevano chiamato ieri per telefono annunciandone la partenza. Era partito per dare un futuro alla sua famiglia e il vento ne ha cancellato le tracce. Come Natacha Diallo che sembra nata in Giordania e da piccola portata dal vento  in Ghana. Quello dello spirito la conduce nelle mani di un profeta e continua il viaggio per dare la buona notizia a chi vorrà ascoltarla. Costa d’Avorio, Senegal, Togo, Benin, Algeria, Mali e poi vorrebbe che il vento la portasse dove era nata. Tornerebbe di nuovo in Giordania e invece a Niamey i venti assomigliano a minareti che cantano le stesse nenie da secoli per ingannare il tempo.

Il vento la spinge con dei documenti scaduti dall’anno scorso e un volto che la fotocopia consunta lascia  solo immaginare. Ci siamo salutati con una carezza al sapore di vento.

 

                                                       Mauro Armanino, Niamey, Dicembre 2011.”