Padre Armanino ha scritto dal Niger per parlarci di Abdusalam, “servo della pace”

NIGER – Ecco la lettera di padre Mauro Armanino dal Niger: “Da grande vorrebbe essere presidente ma non del Niger.Vorrebbe sposare una donna bianca e diventare presidente nel paese dei bianchi.Dice che il suo colore non gli piace per nulla.Lui è nato in Libia di madre e padre nigerini. Ha nove anni e ricorda tutto di Tripoli.Scappano a causa della guerra.Arrivato a Niamey per la prima volta non vede più il mare e la sua vita si chiude per un anno in una capanna di Torodi.Frequenta la scuola e la povertà di questa cittadina accampata a qualche kilometro da Niamey.Lui è Abdusalam, servo della pace di nome. Vorrebbe partire e dice che il suo colore non gli piace.Sa di schiavo ma non di pace.E’ quello che gli hanno insegnato in Libia, dove i neri sono presi come schiavi di nome e di fatto.

Oggi è la festa dell’indipendenza del Niger.Era il 3 agosto del 1960 quando la Conferenza Nazionale Sovrana scelse di svincolarsi dalla tutela politica della Francia.In questo giorno si piantano gli alberi che verranno in fretta tagliati per farne legna da ardere. Gli alberi dell’indipendenza che crescono per essere immolati da qualche parte lungo le strade e nei camion.

Arrivano da Makalondi che è alla frontiera col Burkina Faso e raggiungono quasi sempre Niamey.A volte si fermano prima di raggiungere il primo ponte sul fiume Niger.Sono sovraccarichi e in genere pendono da una parte sfidando le elementari leggi della gravità del momento.L’indipendenza ha fatto la stessa fine dei camion di legna.E’ nelle mani dei commercianti e dei politici che a loro assomigliano.

Abachi è la sorella maggiore di Abdusalam.Ha 11 anni e vive già di passato.Col velo lungo delle bimbe di Niamey dice che non le interessa diventare grande.Appare triste o forse semplicemente intimidita.Solo quando si parla del mare ricomincia a sorridere e sua madre dice che a volte vede le barche nel cielo.Forse sono gli aerei che scendono all’aeroporto Diori Hamani di Niamey.Oppure delle piroghe sfuggite al controllo delle dogane.E’contenta di salire nell’auto e tiene in mano un foglio coi canti della parrocchia di san Paolo di Haro Banda.Dice che è contenta del colore che Dio le ha dato e guarda sua madre che si chiama Miriam.

Miriam aveva raggiunto suo marito che era un militare in Niger.Aveva trovato lavoro come insegnante a Tripoli e vivevano insieme da una quindicina d’anni.I due figli erano nati in Libia, come la guerra nel 2011.Suo marito un giorno non è più tornato a casa e dopo averlo atteso per qualche tempo ha pensato di partire per il Niger coi figli.Ad Agadez la Caritas li hanno accolti e poi fatti sbarcare a Niamey.Miriam ha cinquantanni e vive in bilico tra i figli e un paese che non l’ha aiutata a tornare.Dei fondi ricevuti per l’integrazione dei migranti dalla Libia non sapeva neppure l’esistenza.Sa solo che la politica del ventre continua ad essere la forma dell’indipendenza più riuscita.La sorella maggiore è morta e suoi fratelli più piccoli sono più poveri di lei.

Hillary, André Daniel e Mohamad spuntano dal nulla.Sono stati espulsi dall’Algeria qualche giorno fa.Sono camerunesi e cercavano fortuna fuori del loro paese.Mohamed ha 22 anni e gioca al calcio.Hillary è un meccanico per auto e ha 20 anni.Il più grande è André Daniel che a 27 anni faceva quello che poteva.Dopo pochi mesi di permanenza sono stati espulsi dopo aver passato alcuni giorno di custodia.Attraversata la frontiera col Niger hanno pagato quanto rimaneva dei risparmi del viaggio e l’OIM li ha fatti transitare fino a Niamey.L’organizzazione Internazionale delle Migrazioni li farà salpare oggi per il loro paese.Sono passati per ricuperare qualche vestito in modo da imbrogliare la povertà quando arriveranno all’aeroporto di Duala nel Camerun.

Abdusalam farà il presidente la prossima volta che gli capita di incontrare una sposa bianca.E sua sorella Abachi che vive del passato dice che Dio le ha dato il colore che indossa.Miriam non ricorda nulla della festa dell’indipendenza e forse passerà la giornata sotto un albero di Gamkallé.In quel quartiere abita la maggior parte degli stranieri che arrivano a Niamey”.

Mauro Armanino,Niamey, agosto 2012.