Passione Domini: il vescovo in Cattedrale “non si può essere discepoli di Gesù senza Croce”

passioneCHIAVARI –  Nella Cattedrale di N. S. dell’Orto il vescovo diocesano ha presieduto nel pomeriggio la celebrazione In Passione Domini. Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria della morte in croce di N. S. Gesù Cristo, Mons. Tanasini ha proposto una riflessione sul significato della Croce. Di seguito riportiamo l’intervento integrale del vescovo:  “Abbiamo ascoltato il racconto della Passione di Gesù secondo San Giovanni che, come dice, lo ha fatto perchè anche noi crediamo. Il credere non è solo accogliere la testimonianza ma è viverla, essere discepoli. Non si può essere discepoli di Gesù senza la croce. Pietro ha cercato di separare la professione di fede dalla Croce, ma Gesù lo ha smentito duramente, nè lui avrebbe potuto compiere la sua missione senza la croce, nè alcuno lo avrebbe potuto seguire senza la Croce. Paolo lo ha capito bene, da innamorato di Cristo, e per quello che lo riguarda afferma: sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Per il discepolo il Crocifisso non è solo motivo di pianto e di compassione, ma di amore appassionato, di essere una cosa sola con Lui. Il discepolo trae la sua identità dall’essere immerso nella morte di Cristo, attraverso il battesimo, per avere la vita di Cristo. Si tratta di morire al peccato a tutto ciò che ci distacca da Dio, questo è il primo modo di vivere la Croce, la via sacramentale che diventa vita vissuta. La prova che ci può venire dal proporci come di Cristo. Matteo parla dei cristiani che si trovano a vivere in un ambiente ostile. L’essere cristiano può mettere a rischio anche la vita fisica, l’identità sociale riconosciuta. Noi forse non riteniamo di essere in questa situazione o di correre questo rischio. Ma è proprio così: non è forse di questi giorni il martirio dei nostri fratelli nella fede? Siamo indifferenti? A noi stessi non sono proposti compromessi, adattamenti al nostro vivere cristiano, per stare tranquillamente nel mondo in cui ci troviamo? Ci sentiamo pronti ad affrontare difficoltà maggiori per professare la fedeltà a Gesù? Tutto questo consideriamo non per una visione pessimista. La croce più che patibolo è proposta, un sollevarci da terra. Ogni croce è da considerarsi motivo di Gloria. Portare la propria Croce diventa via per imparare l’obbedienza, cioè accettare la prova, la difficoltà della vita, con fiducia, con abbandono, con pieno abbandono al Padre. Accettare ogni prova che ci viene dalla vita, significa poter fare della propria vita un dono, un’offerta della vita a Dio. La croce non è mai separata dalla gioia della Resurrezione. Ogni prova della vita non ci rende solo solidali con Gesù Crocifisso, ma anche con Gesù glorioso. La promessa di un’esistenza piena, significativa, ed essere con lui nella Gloria.”