Le parole del Card. Bagnasco a conclusione del Congresso eucaristico

GENOVA – Pubblichiamo il testo integrale dell’omelia pronunciata dal Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e inviato speciale del S. Padre al XXVI Congresso Eucaristico nazionale italiano, in occasione della S. Messa che ha concluso l’evento, celebrata in Piazzale Kennedy a Genova

“Tu non ci hai abbandonato in potere della morte, ma, nella tua misericordia, a tutti sei venuto incontro perché coloro che ti cercano ti possa no trovare” (Prece Eucaristica IV)

Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Distinte Autorità
Cari Confratelli nell’Episcopato,
nel Sacerdozio e nel Diaconato
Il vangelo racconta come Dio non s’arrenda davanti alla storia infranta degli uomini: vi entra
e le dà una nuova direzione. Il Congresso Eucaristico rende presente questa storia in forma corale e pubblica, annunciando che Gesù è il Signore, Colui che ai poveri proclama “il vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia” (Prece Euc. IV).
Questo è l’annuncio che attraversa i secoli, con il quale oggi il Santo Padre Francesco ci incoraggia a uscire incontro a ogni uomo. Come Chiesa italiana, a lui rivolgiamo il nostro pensiero affettuoso e grato: il vincolo della preghiera e lo sguardo a Gesù-Eucaristia ci rendono uno in quella inscindibile comunione di affetti e intenti, che nella liturgia trova fonte e culmine.
Genova, a sua volta, è lieta di ospitare il Congresso; lieta e onorata per la presenza di ciascuno di voi e delle Chiese che rappresentate. Un grazie cordiale va a quanti hanno collaborato alla sua realizzazione: Amministratori e Istituzioni, volontari e Sacerdoti.
1. Nel cuore dell’uomo, di ogni uomo, è viva l’attesa di una “pienezza” di felicità e di un “per
sempre” nell’amore; attesa più grande di ciò che è temporale e puramente mondano.
È questa fame dell’anima che spinge la folla a seguire Gesù, nell’intuizione che le sue sono
parole autentiche – “parole di vita eterna” – che svelano e portano a compimento il mistero
dell’esistenza. Ora, in ogni rapporto di comunione, soprattutto sponsale, viene il momento in cui – da sole – le parole non bastano più. Si fa allora prepotente l’esigenza del dono totale di sé, che quelle parole invera. L’Eucaristia è proprio questo dono, dove la Parola si fa Carne e Sangue, Pane che nutre di grazia la vita, principio e forza di un nuovo modo di stare nel mondo. Entrare nel dinamismo eucaristico significa lasciarsi plasmare da Cristo, affidarsi al suo amore obbediente, farsi condurre dallo Spirito, che ci porta “a cantare esultanti ad una sola voce il tre volte santo” (cfr Prefazio IV Prece). Mangiare questo Pane non può,
quindi, ridursi a un’abitudine, né a un gesto di amicizia fraterna; è aprirsi a Colui che è così grande da farsi tanto piccolo! È divenire come la goccia d’acqua versata nel calice del vino fino a ritrovare se stessi nel mistero di Dio, capaci di nuove relazioni con tutti.
2. La gente di Cafarnao aveva chiesto al Signore: “Dacci sempre questo pane”; e il Signore nel consegnarci questa preghiera vi aggiunge un aggettivo, destinato a dare un timbro a tutta la vita: “Dacci il ‘nostro’ pane quotidiano”. L’Eucaristia ci pone nel “noi” che è la Chiesa, comunità di fratelli che invocano il pane dell’anima per saper spezzare anche il pane materiale della giustizia e della pace. La carità rivela che nell’Eucaristia abbiamo incontrato il Signore e non noi stessi; che abbiamo adorato Dio e non il nostro io. Le opere di misericordia, tanto raccomandate dal Papa in quest’Anno santo, sono infatti opere eucaristiche: scandiscono la lunga tradizione della Chiesa, ne rendono attuale la storia e interpellano tutta la nostra esistenza.
È in questa luce che, come Vescovi delle diocesi italiane, abbiamo voluto far coincidere questa
domenica, nella quale il nostro Congresso giunge al culmine, con un gesto di concreta condivisionecon quanti sono stati duramente colpiti dal terremoto in alcune zone del centro Italia. Alla popolazione tutta, ai cari Pastori di quelle Chiese e al loro Clero, confermiamo anche così la nostra vicinanza fraterna.
Cari Amici, la forza del Pane eucaristico ci congeda da Genova con un preciso mandato missionario, in linea con il tema che abbiamo voluto per il nostro Congresso e da cui discende uno stile di vita per noi e per le nostre comunità: “L’Eucaristia, sorgente della mis
sione”. In particolare, a voi giovani – facendo nostre le parole che Papa Francesco vi ha rivolto a Cracovia – noi Pastori ripetiamo: non scoraggiatevi mai, l’umanità ha bisogno di voi, di “giovani svegli, desiderosi di rispondere al sogno di Dio ea tutte le aspirazioni del cuore”(Veglia GMG). A voi famiglie, che siete Chiesa domestica e scuola accogliente di vita in tutte le sue fasi, giunga la nostra voce di ammirata riconoscenza. Lasciatevi incontrare dal Signore e custodite la Sua amicizia: una famiglia che prega non potrà mai essere semplicemente disperata né cadere totalmente in preda alla discordia. A voi diseredati della vita, da qualunque parte veniate, rinnoviamo la nostra prossimità: il Dio dell’amore ci spinga a camminare insieme, nella promozione della stessa dignità e nella responsabilità di un comune destino. A voi, persone consacrate, giunga la nostra gratitudine: abbiamo bisogno dei vostri voti, che ci dicono che Dio basta a riempire il cuore. E a voi claustrali, che avete scelto come mondo il perimetro dei vostri monasteri, chiediamo di esserci sentinelle vigilanti nel crepuscolo, anticipatrici dell’aurora. A voi, carissimi sacerdoti e diaconi, che siete in mezzo al nostro popolo ogni giorno, confermiamo la nostra stima e amicizia: vi chiediamo umilmente
di non farci mai mancare il vostron affetto. La nostra unità è il primo annuncio del Vangelo.
Come comunità ecclesiale, vogliamo infine rivolgerci al nostro amato Paese, a quanti guardano a questo grande cenacolo con l’attesa di una parola particolare. Vorremmo dirvi che vi siamo sinceramente vicini, che ci state a cuore, che ci anima una piena disponibilità a incontrarvi; insieme con voi ci sentiamo pellegrini verso casa. Siamo Pastori di una Chiesa esperta in umanità: la nostra voce è discreta, ma ora – come una vela al largo, sostenuta dal vento dello Spirito – prende vigore e proclama : “O uomini che ci ascoltate: la nostra gioia è grande e si chiama Gesù!”