CITTA’ DEL VATICANO – Per praticare la religione di Dio e non quella dell’io dobbiamo riconoscerci poveri dentro, bisognosi di misericordia e frequentare i poveri, per ricordarci che solo nella povertà interiore agisce la salvezza di Dio.
Sono le parole di Papa Francesco nell’omelia della Santa Messa di chiusura dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, concelebrata nella Basilica di san Pietro con i 184 padri sinodali e molti degli uditori, degli esperti e degli invitati speciali.
La processione iniziale è stata aperta da ua uditrice indigena, che ha portato un vaso con terra e piantine dell’Amazzonia, ed è stata chiusa dal Papa che ha utilizzato il pastorale donato dai partecipanti al Sinodo.
Prendendo spunto dalla parola della Liturgia domenicale, il Papa ha messo in guardia da quella che ha chiamato “religione dell’io”: “Tanti sono cattolici, si confessano cattolici, ma hanno dimenticato di essere cristiani e umani, dimentica del vero culto a Dio, che passa sempre attraverso l’amore del prossimo”, sono state le due parole.
Francesco ha quindi indicato il pubblicano dell’episodio evangelico, invitando a ripartire dallo scoprirsi bisognosi, perchè “la radice di ogni sbaglio spirituale è credersi giusti, e lasciare Dio, l’unico giusto, fuori di casa”.
Il Papa ha sottolineato infine la preghiera del povero proposta dal Libro del Siracide, che sale dritta a Dio. Questo perchè “il senso della fede del Popolo di Dio ha visto nei poveri i portinai del Cielo. Sono loro che ci spalancheranno o meno le porte della vita eterna, loro che non si sono considerati padroni in questa vita, che non hanno messo se stessi prima degli altri, che hanno avuto solo in Dio la propria ricchezza. Essi sono icone vive della profezia cristiana.
“In questo Sinodo abbiamo avuto la grazia di ascoltare le voci dei poveri e di riflettere sulla precarietà delle loro vite, minacciate da modelli di sviluppo predatori. Eppure, proprio in questa situazione, molti ci hanno testimoniato che è possibile guardare la realtà in modo diverso, accogliendola a mani aperte come un dono, abitando il creato non come mezzo da sfruttare ma come casa da custodire, confidando in Dio”.
Quante volte, anche nella Chiesa, ha lamentato in conclusione il Papa, “le voci dei poveri non sono ascoltate e magari vengono derise o messe a tacere perché scomode. Preghiamo per chiedere la grazia di saper ascoltare il grido dei poveri: è il grido di speranza della Chiesa. Facendo nostro il loro grido, anche la nostra preghiera attraverserà le nubi”.