Le parole di Mons. Devasini per salutare il sindaco di Chiavari Marco Di Capua

CHIAVARI – Il saluto del vescovo di Chiavari Mons. Devasini al sindaco Marco Di Capua.

«Signor Sindaco, grazie di cuore per l’indirizzo di saluto ch’Ella ha avuto la bontà di rivolgermi a nome dell’intera comunità chiavarese e a cui vorrei rispondere innanzitutto con una domanda, in qualche modo eco delle parole da Ella ora pronunciate, e la domanda è questa:  un vescovo a cosa serve? Beh,  prima di tutto forse occorre dire a cosa non serve. Non serve per affermare sterili forme di autorità anche se è giusto ricordare che il vocabolo “vescovo” deriva dal greco ἐπίσκοπος/sorvegliante; ma si tratta di una realtà che nulla ha a che fare con il potere di cui i primi cristiani erano totalmente privi! I vescovi non erano uomini dell’apparato, ma molte volte, come il vescovo Evasio, a cui è dedicata la Cattedrale della Diocesi di Casale da cui provengo, erano perseguitati fino alla effusione del sangue. Anche il vescovo di oggi è, come ogni uomo, abitato da domande ed ha dubbi! Egli, però, serve perché ha il compito di custodire e trasmettere, nelle occasioni opportune come in quelle inopportune (cfr 2Tm 4,2),  il Vangelo e cioè la bella, buona notizia che è Cristo Gesù, il Figlio del Padre. Prevengo una possibile osservazione: “Agli uomini di oggi – le cui esigenze primarie sono in gran parte soddisfatte – questo inaudito annuncio di una salvezza eterna per tutti gli uomini sembra non servire granchè!”.  Papa Francesco ci ricorda invece con insistenza che siamo non in «un’ epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d’ epoca» e che proprio in queste fasi assiali della storia il Vangelo può e deve  tornare potentemente a plasmare un mondo immerso in un immanentismo pratico che spossessa soprattutto i giovani del futuro convincendoli che contano solo gli algoritmi e che tutto è stato già deciso! Il Vangelo che ho l’obbligo di annunciare con umiltà e nel rispetto dell’autonomia della sfera civile non si risolverà ovviamente nel progetto di tornare alla stagione di cristianità, con le sue luci e le sue ombre. Questa stagione, ormai – e ciò è appena evidente – è alle nostre spalle e non voglio che la proposta cristiana venga considerata una visione particolare e soprattutto passata del mondo, da difendere come se fosse una specie protetta o una cultura in via di estinzione. Per me il Vangelo non è una cosa passata! Per me il Vangelo – che vorrei annunciare nella quotidianità e nella serialità degli incontri, senza giudicare ma stabilendo con tutti un’amicizia disinteressata – è la sola, compiuta risposta a quell’attesa di verità, di bellezza, di bontà, di senso insomma a quell’attesa di pienezza di vita che abita il cuore dell’uomo, che è costitutivamente iscritta in tutte le forme del suo agire. Vorrei in particolare che i bambini potessero conoscere il Vangelo non in modo scolastico ed in vista dell’amministrazione dei sacramenti, quasi consistesse in un sapere da accantonare, una volta acquisito, al pari delle conoscenze scolastiche ammuffite. Vorrei che i giovani sentissero il Vangelo come una proposta di trasformazione in positivo della loro esistenza, come una proposta di gioia vera e piena. I cattolici hanno saputo dare un contributo davvero originale alla costruzione del nuovo Paese nella Resistenza e durante la fase Costituente e oggi devono proporsi come “lievito nella pasta” accettando di essere giudicati nei loro difetti e con un approccio nuovo al servizio del bene comune. La Parola di Gesù in un’ Italia in crisi, ma desiderosa di recuperare un’ identità collettiva,  ritorni metodo originale per costruire una società in cui la solidarietà faccia sentire ogni persona amata per se stessa. Nella diocesi di Chiavari il Vangelo è stato ed è vivo e vitale;  le tracce,  i segni concreti che vedo intorno a me testimoniano che tanti uomini e donne, in tempi diversi, hanno saputo mettere Il Vangelo dentro alla vita, imparando a spezzare il pane non solo nella comunione eucaristica ma anche fuori dalle chiese. Lo hanno fatto senza sentimentalismi, ma con quella sobrietà e generosità propria delle genti di questo territorio che hanno capito che la salvezza di Cristo è costruzione di futuro, è capacità di fare nuove tutte le cose. Lo hanno fatto rendendo possibile lo sviluppo di una società sempre aperta ed inclusiva. In particolare: quanti anziani ed ammalati da non lasciare soli; quante donne da aiutare ad accogliere la vita; quanti giovani con davanti a sé una strada tutta in salita a cui proporre realistici orizzonti di speranza; quante persone in cerca di lavoro o comunque in serie difficoltà economiche cui offrire una solidarietà rispettosa della loro dignità; quante famiglie in crisi da accompagnare e sostenere. Il vescovo è colui che deve confermare i fratelli nella fede ma è anche colui che deve stare dalla parte dei più deboli e difendere sempre la causa degli ultimi. L’accoglienza dei fratelli, di tutti i fratelli è la regola aurea del Vangelo! La legge del mare, ma anche quella dei poveri contadini del Monferrato insegna che non c’è essere umano che non possa essere aiutato e che non possa essere considerato nostro compagno.

Mi fermo qua perchè so che avremo tante occasioni per confrontarci in vista della cura del bene comune.

La Vergine Maria  – venerata nella Diocesi di Casale con i titoli di “Madonna di Crea” e “Madonna del Pozzo” e in Diocesi di Chiavari con i titoli di “Nostra Signora dell’Orto” e “Nostra Signora di Montallegro”  – ci accompagni nelle opere e nei giorni che verranno».