Missione in Africa: ritornati i sette volontari chiavaresi

CHIAVARI – E’ difficile raccontare in poche righe il viaggio missionario nella Repubblica Centrafricana. Passano, davanti agli occhi della mente, immagini, suoni, i volti delle persone che abbiamo incontrato. Un’Africa di savane, di capanne di paglia e fango, le strade di terra rossa deformate dalle piogge, le danze ritmate dei tamburi nelle notti di luna piena. Ma già dai primi giorni, entrando in contatto con la vita dei religiosi stanziati nella Diocesi di Bouar, abbiamo messo piede nell’Africa vera, in un paese che soffre la povertà  e una situazione politica instabile, dominata dalla dittatura di Francois Bozizè, da numerosi gruppi di ribelli e dai banditi Zaraghina. Abbiamo incrociato gli occhi duri ma coraggiosi, sorridenti e gonfi d’amore, delle suore Clarisse di Bouar, delle suore Francescane di Maigarò, dei frati Cappuccini di St. Laurent, dei Carmelitani della Yolè. La nostra attività si è concentrata al dispensario di Maigarò. Una parte ha contribuito all’attivazione del segnale telefonico all’interno del piccolo ospedale e al ripristino della connessione internet per collegare il personale sanitario con il resto del mondo. Tutti insieme però abbiamo dato una mano ai medici di Maigarò. Tagliare garze e mettere in ordine i magazzini, dare una mano nell’infermeria, lavare i bambini o dare loro da mangiare sono stati gesti semplici ma che ci hanno insegnato molto e arricchito interiormente, mettendoci in contatto con la parte più profonda di noi stessi. La testimonianza missionaria di Suor Giulia Mazzon e delle sue consorelle ci ha messo di fronte ad un’Africa che non può fermarsi davanti a niente, neppure alla morte. Lo sviluppo sanitario e l’insegnamento scolastico possono fare davvero molto per aiutare la cultura di un popolo ancora legata a vecchie tradizioni, come quella del marabou, lo stregone del villaggio ritenuto capace di neutralizzare il male fisico. E in un paese in difficoltà, soprattutto nelle comunicazioni, ci ha poi colpito l’utilità  della radio diocesana Sirirì, sorella della nostra Radio Pace, il cui segnale funziona ed è ascoltato da migliaia di centrafricani. Uno strumento utile che dà  informazione religiosa ma anche consigli pratici, ad esempio, per quanto riguarda la coltivazione dei campi o l’allevamento. Nei quindici giorni di permanenza a Bouar, c’è stato modo anche per fissare i punti di un progetto di ampliamento del segnale radiofonico che sarà frutto di una seconda missione in Centrafrica. Sono questi piccoli segnali, seminati con pazienza, che possono aiutare i sogni e le risorse di un popolo che ancora lotta per sopravvivere. Non dimenticheremo mai i volti dei bambini che per giorni ci hanno atteso e salutato, ci hanno preso per mano, hanno aspettato le nostre attenzioni, ci hanno fatto sorridere ed emozionare, hanno giocato con noi e ci hanno rincorso quando hanno capito che stavamo per lasciarli.