CITTA’ DEL VATICANO – La riconciliazione è un dono di Dio che non avviene senza sacrificio: tra cristiani potrà essere autentica solo superando l’autoreferenzialità e imparando gli uni dagli altri. Questa la riflessione su cui il Papa ha incentrato l’omelia della celebrazione ecumenica dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura nella festa della Conversione dell’Apostolo delle Genti. Presenti alla cerimonia, che chiude la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, rappresentati ortodossi, anglicani e di altre confessioni.
La rivoluzione che ha vissuto nella sua vita Paolo di Tarso incontrando Gesù è la rivoluzione dei cristiani di sempre: perdono, amore, e poi testimonianza e sacrificio. Il Papa parla di fronte ai fratelli di altre Chiese e confessioni cristiane e trova nell’episodio della conversione dell’Apostolo delle Genti, la chiave per illuminare ancora una volta il cammino verso l’unità piena.
E’ l’amore “gratuito e immeritato” di Dio che Paolo sperimenta sulla strada verso Damasco, dice il Papa, e da allora capisce di dovervi “aderire con tutto sé stesso”, senza più fare “affidamento alle proprie forze”: “Così egli conosce l’irrompere di una nuova vita, la vita secondo lo Spirito, nella quale, per la potenza del Signore Risorto, sperimenta perdono, confidenza e conforto. E Paolo non può tenere per sé questa novità: è spinto dalla grazia a proclamare la lieta notizia dell’amore e della riconciliazione che Dio offre pienamente in Cristo all’umanità”.
E’ dunque così: “prima di essere uno sforzo umano di credenti che cercano di superare le loro divisioni, la riconciliazione”, sottolinea Francesco, è un “dono gratuito di Dio” che fa di ciascuno, perdonato e amato, un testimone in parole e opere di una “esistenza riconciliata”. Ma come “proclamare oggi questo Vangelo di riconciliazione”, si chiede il Papa, “dopo secoli di divisioni?”. La via la indica ancora S. Paolo: ”Non senza sacrificio”. E’ la “rivoluzione cristiana di sempre”, cioè ”vivere non più per noi e i nostri interessi, ma ad immagine di Cristo, per Lui e secondo Lui”. Per la Chiesa di ogni confessione, spiega Francesco, questo è un invito:
“È un invito anche ad uscire da ogni isolamento, a superare la tentazione dell’autoreferenzialità, che impedisce di cogliere ciò che lo Spirito Santo opera al di fuori dei propri spazi. Un’autentica riconciliazione tra i cristiani potrà realizzarsi quando sapremo riconoscere i doni gli uni degli altri e saremo capaci, con umiltà e docilità, di imparare gli uni dagli altri – imparare gli uni dagli altri – senza attendere che siano gli altri a imparare prima da noi”.
Questo “morire a noi stessi per Gesù” – afferma ancora il Papa – ci permette anche di “relegare” al passato il “nostro vecchio stile di vita” per poter entrare in una “nuova forma di esistenza e di comunione”, come è stato per Paolo di Tarso. Guardare indietro infatti, mette in guardia Francesco, “è necessario per purificare la memoria”, ma fissarsi sul passato e sui “torti subiti e fatti” può paralizzare:
“La Parola di Dio ci incoraggia a trarre forza dalla memoria, a ricordare il bene ricevuto dal Signore; ma ci chiede anche di lasciarci alle spalle il passato per seguire Gesù nell’oggi e vivere una vita nuova in Lui. Permettiamo a Colui che fa nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5) di orientarci a un avvenire nuovo, aperto alla speranza che non delude, un avvenire in cui le divisioni si potranno superare e i credenti, rinnovati nell’amore, saranno pienamente e visibilmente uniti”.
Ad incoraggiare sul cammino verso l’unità piena, quest’anno, ricorda Francesco durante la sua omelia, c’è il quinto centenario della Riforma Protestante: “Il fatto che oggi cattolici e luterani possano ricordare insieme un evento che ha diviso i cristiani, e lo facciano con speranza, ponendo l’accento su Gesù e sulla sua opera di riconciliazione, è un traguardo notevole, raggiunto grazie a Dio e alla preghiera, attraverso cinquant’anni di conoscenza reciproca e di dialogo ecumenico”.
Dopo aver salutato e ringraziato tutte le rappresentanze cristiane presenti, in particolare il metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, e David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, nonché i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi orientali, il Papa ha ribadito il suo invito a non stancarsi di domandare a Dio il dono dell’unità, a trarre coraggio dall’esperienza di tanti martiri uniti, ieri e oggi, nella sofferenza per Cristo e ha concluso sollecitando ogni iniziativa “perché tutti siano una sola cosa”:
“Approfittiamo di ogni occasione che la Provvidenza ci offre per pregare insieme, per annunciare insieme, per amare e servire insieme, soprattutto chi è più povero e trascurato”